Restiamo uniti, ma per davvero

L’abbraccio della curva alla squadra a fine partita è una cartolina da spedire a tutte le nostre avversarie playoff

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curva2Ora, io non vorrei partire col solito sermone del “tutti uniti, inizia un nuovo campionato, forza Picchio”, perché sarebbe facilissimo e perché fondamentalmente non c’è molto di cui discutere con chi ha un’opinione del genere. Rispettabile, scontata, che tutti noi in cuor nostro dovremmo avere.

Il post derby per quanto mi riguarda è una sottospecie di psicodramma in cui non so se scegliere come colonna sonora “Highway to Hell” degli AC/DC o “Jesus don’t want me for a sunbeam” di Re Kurt Kobain e i suoi Nirvana. Il perché è presto detto.

La corsa e la permanenza sotto alla curva dei nostri a fine partita è sicuramente una bella cartolina che spediamo a tutte le nostre prossime avversarie, a chi non ci dovrà affrontare e non vedeva l’ora di osservare gli ascolani sgretolarsi in barba alla delusione e anche a chi per via del fuso orario osserva con spirito anglosassone e critico il suo giocattolo soffrendo per un risultato piuttosto che per un coro.

Parliamoci chiaro: tecnicamente non si è capito se quest’Ascoli ha perso da solo il campionato o se aveva sprintato troppo in inverno per poi crollare a primavera nella settimana del turno infrasettimanale. O meglio: si era capito subito che la nostra non era una squadra dal “sistema di gioco codificato” e che faceva del grande impatto dei singoli la sua maggior qualità. Tanti singoli. Tutti forti. O la maggior parte di essi.

E’ atleticamente che siamo crollati, tirandoci giù tutto il resto, indipendentemente dal fatto che abbiamo vinto spesso negli ultimi secondi. Pirrone non è Fontana. Grazie al cavolo, me lo dico da solo. Eh, ma di un giocatore come Fontana (o simile per caratteristiche tecniche) hai bisogno quando manca l’ossigeno e quindi serve un metronomo a dirigere i giochi e le energie. Non ce l’abbiamo. Non ce l’avremo ai playoff, quindi mettiamoci una pietra sopra. E allora ai playoff che facciamo? A me piacerebbe provare a giocare all’arrembaggio come nella scorsa estate. Ve lo ricordate l’Ascoli della scorsa estate? In barba alla casella dei gol subiti, attacchiamo in tutti e vedrete che qualcuno si metterà dietro per la paura. Non dico altro.

Ciò che mi piace aggiungere è questo: i tifosi, guidati dagli ultras, sanno fare la loro parte (in senso positivo, come ieri e anche in senso negativo, se vogliono). Ma hanno bisogno sempre, sempre, sempre di confrontarsi. Sappiamo che chi alimenta il gioco non è sempre a disposizione, lo abbiamo sempre saputo. E sappiamo anche che ci sono degli uomini designati a rappresentare la proprietà in assenza della stessa. Iniziamo, tutti, ad esserne consapevoli, ad accettarlo, a capire che sarà per sempre così finché ci sarà questa società. Non creiamo distacco per questo motivo, perché come dice Damien Rice “cracks in the wall, starting small and grow in time”, ovvero: “le crepe sul muro all’inizio sono piccole, ma col tempo si allargano”. Mi sono spiegato?

Era anche chiaro che il patron Bellini, la signora Marisa, Faraotti, Lovato, Petrone, Mengoni, Berrettoni, gli ultras, Valeria Lolli, Mario Paci, Leo Perez, Andrea Ferretti potessero in cuor loro commettere errori in buona fede. Solo chi non fa, non sbaglia. Non facciamo l’errore, il gravissimo errore, di guardare al complotto dietro ogni abbaglio. E’ il miglior modo per darla vinta a chi ci vuole morti, dopo aver provato a farlo in maniera chirurgica, appena possiamo scoprire un po’ il fianco.

Dialogo, un po’ di più, sempre di più. Anticorpi contro l’imborghesimento, sempre dietro l’angolo in un ambiente profondamente conservatore come quello della “Ascoli bene” e una richiesta, l’unica, a chi ci rappresenta: che lotti sempre di più per far giocare questa squadra, l’Ascoli Calcio, agli orari in cui la gente ha tempo e possibilità di svagarsi e raggiungere il tempio da dieci, cinquanta, cento, mille chilometri. Prima di Ascoli-Ancona la zona dello stadio brulicava di anime in attesa della “celebrazione”, che consumavano un pasto permettendo buoni affari alle attività che vivono anche (e soprattutto) di questo.

Poi i playoff sono una lotteria, che spesso (forse sempre…) abbiamo perso. Siamo l’Ascoli, ci siamo sempre rialzati, capitasse ancora non impiegheremmo neanche un minuto a rifarlo. Ma attenzione: testa fredda e cuore caldo. Perché sappiamo cosa possono dare i piceni e soprattutto i ragazzi della curva, trascinando un intero ambiente, per rendere la nostra tifoseria speciale. Lo abbiamo sempre saputo e sabato abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione.

Per questo interveniamo subito su certi scricchiolii nelle stanze dei bottoni, subitissimo. Accettiamo gli errori, di tutti, discutendone assieme. Perché ne va del nostro futuro, altro che dei playoff…

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