Gli indizi gravi, precisi e concordanti
Molti ignorano il meccanismo della giustizia sportiva. E forse anche gli atti
23 agosto 2015 | 21:00 2 2456“Le dichiarazioni aventi natura autoaccusatoria, prima ancora che di chiamata in correità di altri soggetti, debbono essere considerate da profili di credibilità e di attendibilità e, come più volte ribadito nelle decisioni del TNAS più avanti citate, lo standard probatorio richiesto per pervenire alla dichiarazione di responsabilità a carico dell’incolpato è diverso da quello richiesto dal diritto penale ed è sufficiente un grado di certezza inferiore ottenuto sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti“.
Sarebbe sufficiente leggere questa importante premessa – contenuta a pagina 12 del comunicato ufficiale numero 16 del TFN – nella sentenza sul caso Savona-Teramo per mettere a tacere coloro che parlano a sproposito di condanna senza prove. Gli indizi e la logica consequenziale degli stessi sono alla base di una sentenza di diritto sportivo che il Teramo, al di là delle bellicose dichiarazioni a mezzo stampa, farà fatica a sovvertire in appello. Vediamo perché.
RESPONSABILITA’ OGGETTIVA E PRESUNTA. Partiamo dal presupposto che la posizione attiva del ds Di Giuseppe sia acclarata, così come la riuscita della combine. Sono tante le intercettazioni che lo inchiodano, a cui si aggiunge la conferma di Ninni Corda. Con l’aggravante del vantaggio in classifica conseguito, di cui parla il comma 6 dell’art. 7 del codice di giustizia sportiva. Dalla responsabilità oggettiva dunque non si sfugge. Così come da quella presunta, per l’opera di persone estranee al Teramo (Di Nicola, Pesce, Barghigiani, Dellepiane, Corda) che si sono prodigati per favorirne la vittoria in modo illecito. Sarebbe dunque improbabile, anche riuscendo a sottrarre il club dalla responsabilità diretta del suo presidente, affliggere una penalizzazione inferiore ai 5 punti sulla classifica dello scorso campionato, ossia sufficiente a retrocedere il Teramo di una posizione (a vantaggio della seconda) per vanificare l’avvenuta alterazione del risultato. Il caso contrario sarebbe l’implicita accettazione dell’illecito sportivo con la pericolosissima creazione di uno scomodo precedente.
LA FIGURA DI CAMPITELLI. Ma veniamo al punto cruciale su cui verte la vicenda. In primis è difficile comprendere perché una persona che si dichiara innocente si avvalga della facoltà di non rispondere di fronte agli inquirenti di Catanzaro, non chieda di essere ascoltato dalla Procura Figc dopo la chiusura delle indagini e non voglia rilasciare dichiarazioni spontanee durante il processo. E, soprattutto, resta difficile spiegare come mai la “sospensione” del ds Di Giuseppe sia avvenuta in modo così tardivo, soltanto nell’imminenza del processo sportivo e non immediatamente dopo la notifica dell’avviso di garanzia e la pubblicazione a mezzo stampa delle intercettazioni.
IL BAR AMBRA. In pratica la difesa del presidente si è concentrata sul volere dimostrare l’assenza di Luciano Campitelli all’incontro avvenuto tra Barghigiani e Di Giuseppe (alla presenza del Cennicola) che ha suggellato l’accordo nell’immediato pre-partita. Le testimonianze di Mignini e Testa – dirigenti del Teramo, la cui attendibilità è comunque vacillata su alcune dichiarazioni (come quella dello specchietto retrovisore che ha suscitato immediati mugugni nella sala in cui stazionavano i giornalisti) – hanno lasciato un buco in cui Campitelli non era con la squadra e che è perfettamente compatibile con l’orario dell’incontro. La sua presenza è inoltre confermata dagli interrogatori dello scorso 17 luglio di Barghigiani e Cennicola di fronte alla Procura Federale.
La giornata di sabato 2 maggio inizia con la telefonata intercorsa alle 8,47 tra Di Nicola e Di Giuseppe, in cui viene concordato l’appuntamento col Barghigiani per le ore 11 all’altezza del casello di Albisola. Di Giuseppe afferma di essere distante appena mezz’ora dal luogo dell’incontro, indicando implicitamente come punto di partenza l’albergo del ritiro della squadra. Di Nicola nella circostanza manifesta la preoccupazione che “ci può essere pure…” e Di Giuseppe conferma che “sì, ci sta sicuro”. Al che Di Nicola si raccomanda di dire al suo “capo” di “non parlare di niente” per evitare che l’accordo possa saltare a causa di incomprensioni.
Alle 10,50 Barghigiani avvisa Di Nicola, il regista dell’operazione, che avrebbe tardato, motivandolo con un problema sorto nella mancata convocazione di Taddei per infortunio. Una motivazione insolita per un consulente esterno del Savona.
L’unica incongruenza con gli orari raccontati da Mignini e Testa sarebbe la telefonata di Di Giuseppe a Di Nicola alle 10,52, in cui riferisce di aver già raggiunto il luogo dell’appuntamento. Secondo i teste in quell’orario Campitelli sarebbe stato ancora in albergo, eppure Di Giuseppe dice chiaramente che “l’uscita di Albisola l’abbiamo appena fatta noi“, utilizzando il plurale e quindi confermando di non essere solo. Di Nicola comunica il posticipo dell’incontro alle ore 12,30.
Alle 12,01 Di Nicola contatta Barghigiani per comunicargli che li stanno aspettando davanti al Bar Ambra a bordo di una Maserati, aggiungendo che “è voluto venire pure… capito?”. La presenza dell’uomo di cui non viene fatto il nome irrigidisce Barghigiani, perché “non è che poi dico come si fa lui” e aggiungendo che “non è che si può presentare quel fenomeno”. Barghigiani ha dunque capito benissimo a chi si riferisse Di Nicola.
Qualche minuto più tardi, precisamente alle 12,07, Di Nicola si raccomanda nuovamente con Di Giuseppe di essere l’unico a parlare con la controparte. Al che Di Giuseppe dice le testuali parole: “no, però io gli dovrò chiedere: <<ma tutto ok? tutto tranquillo?>>”, lasciando dunque intendere di non avere il potere decisionale per la conferma definitiva all’accordo.
Alle 13,24 Barghigiani conferma a Di Nicola di aver raggiunto l’intesa in brevissimo tempo, nonostante le lamentele per non aver ricevuto “una forma di garanzia” ma rassicurandolo comunque di essersi trovato di fronte “a persone per bene, per l’amor di Dio”.
LA LOGICA. Ci sono altri elementi – tralasciando la curiosa coincidenza del furto di 70mila euro in contanti dall’azienda di Campitelli avvenuto proprio la notte successiva alla partita Savona-Teramo, riportata dal quotidiano Resto del Carlino e citata anche dall’avvocato Grassani durante il processo – a far credere che il presidente Campitelli sia stato il mandante, magari convinto dal Di Giuseppe e “non avvezzo” a simili comportamenti come scrivono i giudici, ma comunque consenziente. Per esempio è presente all’interno dell’abitacolo dell’auto in viaggio verso Savona il giorno prima della partita, mentre Di Giuseppe ha una conversazione telefonica piuttosto esplicita con Di Nicola.
Campitelli inoltre soffre il pullman e vi è salito solamente a 200 metri dalla piazza principale di Teramo, dove la cittadinanza era in festosa attesa. Ed è stato dunque libero di raggiungere Barghigiani insieme a Di Giuseppe in auto nell’immediato post-partita nello stesso punto in cui si erano conosciuti personalmente soltanto poche ore prima. Una circostanza davvero insolita e che i giudici motivano col pagamento della prima tranche di quanto pattuito.
C’è infine quella visita di Di Nicola una decina di giorni dopo presso l’ufficio del presidente, che era temporaneamente impegnato con un giornalista nel rilascio di un’intervista, e il cui protrarsi dell’attesa inalberava Barghigiani (“buttagli giù la porta”), in attesa di ripartire con destinazione Roma. Presenza confermata dall’esame della cella telefonica a cui si era agganciato il cellulare di Di Nicola.
2 Commenti
Se vogliamo far tonare il calcio lo sport piu bello del mondo, tutto quello che ho letto sopra avanza per confermare il primo grado. Anzi dovremmo far si, che anche cose fatte da ds siano punite cmq e pesantemente. Se Teramo dovesse giocare in B sarebbe una cosa vergognosa!
certo che chi ha la coscienza sporca fa sempre grandi polveroni cercando di distogliere l’attenzione su se stesso infangando chi si comporta lealmente.
campitelli sei come gaucci