Vai Mengoooooooooooò!

Andrea Mengoni è un pilastro dell’Ascoli di Petrone ed un personaggio incredibile!

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Foto Ascolipicchio.com

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È quasi il crepuscolo. Al tavolo siamo io, Giorgio, Cè, Matteo e Nick.

Giorgio, dei miei amici, è sicuramente quello che sa dare più di tutti del “tu” al pallone, ma non è diventato giocatore perché falcidiato da qualche fastidio fisico e dal fatto che la fatica estrema sul campo di gioco, beh, tenetegliela a distanza di un miglio. Tutto quello che ho vinto nella mia miserabile carriera da giocatore di calcio è stato grazie a sue invenzioni. Lui andò a tirare il rigore decisivo nella finale Allievi, lui segno il golden gol nella finale della Supercoppa. Classe nei piedi, classe nella vita ed un legame che non finirà mai. Cè, Cesare, è un filosofo vero, nel senso che si è laureato in filosofia che già la insegnava, a tutti, da tempo. E quindi centodieci e lode, fumogeni alla proclamazione, un intero paese messo a ferro e fuoco da noi che eravamo e saremo sempre la sua “gang” senz’armi e al massimo qualche pinta di Guinness. E le sue idee filosofiche, fidatevi, riesce a metterle ancora in campo quando non piove. Perché Cè gioca in maniera geniale a pallone con gli occhiali e se piove, uno con gli occhiali, a pallone non riesce a giocarci.

Matteo oggi lo chiamano tutti “il mister”, perché è arrivato fino al settore giovanile Juve – che gli ha messo in mano un biglietto aereo per Singapore per insegnare calcio anche a dieci ore di fuso di distanza – e perché lotta come un leone per rendere realtà il suo sogno: quello di allenare una squadra che giochi un gran bel calcio. Per tutti è “il mister” ma quando siamo seduti al tavolo del Bar Moretto al crepuscolo per noi è semplicemente “Culetto”. Perché vince sempre (secondo noi con fortuna, secondo lui con merito) al fantacalcio e perché le femmine quando passa lui, fanno tutte “aaaaaaa”. Chiedete ad una ragazza del fermano nata tra il 1980 e il 1985 chi è Matteo e lei ti risponderà accarezzandosi i capelli. Ci siamo capiti. Nick, ovvero Nicola, è uno di quelli conosciuti da tutti per la sua simpatia, per il modo in cui “ci sa fare” (perché ci sa fare…), per il suo interismo, perché tutti i locali invernali o estivi in cui lavora vanno a gonfie vele e perché, nonostante abiti a Sangiorgio, sia uno dei più ferventi, fedeli, accaniti tifosi della Fermana. Insieme a Matteo. Se sei amico, fidatevi, passi sopra anche al peggiore dei difetti del mondo, per uno di Porto San Giorgio come me.

Siamo seduti per un aperitivo “tosto” perché quella sera, che è una sera di fine giugno facciamo quello che fanno tutti i venti-trentenni innamorati del calcio nelle sere di inizio estate: LU TORNEU DE CALCETTO. Passa qualche istante e proprio vicino a me si siede uno che parla romano, di cui ti colpisce subito una ed una sola cosa: il sorriso genuino. Si chiama Andrea Mengoni, tutti voi oggi lo conoscete per quello che è in campo con la maglia della nostra squadra del cuore, ma per noi era semplicemente (ed è ancora…) “Mengò”.

Con l’accento sulla o, chiusa. “Ao, Mengò, mettete a sedè, Mengò…” gli fa Nick, che è suo amico, al pari di Matteo, coi quali condivide a braccetto la simbiosi fermana. Loro in curva (ah, Matteo poi arriverà fino alla panchina della prima squadra della Fermana, un po’ come se io diventassi il responsabile della comunicazione del Picchio…), Mengò in campo al fianco di Cotroneo in Serie C. Conosco in quella circostanza Mengò e rimango subito rapito da una dote che sempre e comunque gli dovremo riconoscere: la semplicità. Ricordo ancora oggi il modo in cui esordì su quel tavolino: “Aò, ragà, voi se giocate, me dovete chiamà! Io c’ho sempre voglia de giocà!”. Si trattava di una inutile partita di un inutile torneo di calcetto di quartiere. E Mengò fremeva come un ragazzino, nonostante lo attendesse qualche giorno dopo l’inizio di una nuova stagione in serie B, da giocatore vero. Volete sapere com’è andata quella serata? Cè compila il foglio delle formazioni e, incurante del fatto che Andrea Mengoni fosse un calciatore professionista comunque noto, scrive “Andrea Meconi”. Mengò lo legge e si fa una grassa risata. Se lo incontrasse ancora oggi, glielo ricorderebbe senza dubbio. “Aò, a Cè! Ma ‘cchi è sto Meconi?”. Prima di entrare in campo gli faccio: “Mengò, tu difensore centrale, Matteo a destra, io a sinistra, Giorgio davanti”. Lui mi guarda e mi dice: “Che d’è? Me fate stà in difesa pure qua? No no, io voglio sta davanti”. Finisce tipo 15-5 per noi con 10 gol di Mengò, che per poco la sfonda, la porta, per quanto tira forte col sinistro. Poi lui parte per il ritiro e il nostro torneo, ovviamente, naufraga.

Qualche pagina in più di calendario, è la sosta natalizia del campionato 2006-2007 e a Porto San Giorgio, da qualche mese, è nata una nuova realtà calcistica. Si chiama Olimpia PSG ed è una squadra di amici nota a tutti, come “la squadra de quilli de Lu Portu”. Io ne faccio parte dalla fondazione, al punto che oggi faccio la spola tra la scrivania della dirigenza (se così si può dire) e la fascia sinistra, coi soliti, scarsissimi, risultati. Non abbiamo una lira, ma ci divertiamo un mondo. Torniamo a quella sosta natalizia e all’amichevole contro il Petritoli di Gigio Bugiardini (ecco, amici ascolani, se dovete proprio pensare ad un terzino sinistro forte di Porto San Giorgio, dimenticatevi di me e ricordatevi per sempre di lui…).

Foto Alessandro Marzetti

Foto Alessandro Marzetti

Ci presentiamo in condizioni pietose viste le cene e i dopocena. Io addirittura dico al mister che il ginocchio, che a breve salterà completamente, fa le bizze e quindi rimango in disparte. La mia maglia numero 5 andrà a qualcun altro. Uno dei nostri amici compagni di squadra, Andrea Papetti ed un altro, che purtroppo da una maledetta domenica di questa estate piangiamo, Luca Pellò, mi rimpiazzano subito con uno forte, che ci fa visita perché c’ha voglia di farsi una partitella e non rimanere a casa a Porto San Giorgio durante la sosta: toh, indovinate? Mengò. Mengò numero 5 dell’Olimpia a fare coast to coast come un ragazzino a cui hanno ridato il pallone dopo una settimana di castigo. Il solito sorriso. Divertimenti. E quella foto a fine partita, proprio con il nostro amico Pellò, che conservo ancora come una delle foto più significanti della nostra squadra granata.

Oggi me lo ritrovo, a volte con la fascia di capitano, ad esultare sotto la Sud con la maglia del mio Ascoli. E a sbraitare come un ragazzino – durante la gara col Forlì – quando lo speaker del Del Duca sbaglia nel conteggiargli i gol stagionali, al punto da correggerlo e fargli rifare l’annuncio. E parcheggiare la macchina a cinquanta metri da casa mia (dove vive con la moglie Cecilia), a due passi da lu Fossu de la Carogna di Porto San Giorgio, Mengò. E sono felice. Perché quel sorriso, quella voglia di GIOCARE a pallone genuina che gli riconosco dal giorno in cui l’ho conosciuto, fanno parte del mondo del mio Ascoli. VAI MENGOOOOOOOOOO’!

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