Il rispetto per QUELLA CURVA

La sciarpetta bianconera e Davide Tentoni

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Quanto vale una sciarpa di lana? Se è scolorita? Se ha i fili tirati? Se ha degli abbinamenti cromatici da cazzotto nell’occhio che la tua fidanzata proverebbe disgusto totale nel vedertela sopra una giacca o un giubbino di piuma d’oca, di quelli che andavano di moda coi paninari e che tornano in voga oggi? Boh, messa così varrebbe molto poco.

Cazzate. Solo cazzate. Quando la sciarpa è scolorita per via del tempo passato a girare l’Italia. Quando la sciarpa ha i fili tirati perché a volte, per il nervoso, erano l’unica corda a cui chiedere appiglio. Quando i colori che la vestono sono quelli perché quelli sono i colori della tua squadra. Col cavolo che vale poco, molto poco. Vale tantissimo. Vale troppo. E’ come, se non più, della tua carta d’identità.

Ne ho diverse del mio Amore, in camera. Del mio Ascoli. Quella a cui tengo di più me l’ha regalata il mio amico Walter. Ha i colori bianco, nero, giallo e rosso. I colori del mio Ascoli. Quella sciarpa è la mia carta d’identità. Più della mia carta d’identità. Verso quella sciarpa non puoi mancare di rispetto. Perché io ne ho una, Walter (che mi ha regalato una delle sue) ne ha un’altra. Nino che sta in America ne ha un’altra ancora. Salvo che è in Sicilia, pure. Aroldo che è a Berna un’altra ancora. Sono diverse, scolorite in maniera differente dalla mia, coi fili tirati diversi dalla mia. Ma sono le loro carte d’identità del nostro Mondo.

Non puoi mancargli di rispetto, alla mia sciarpa. Perché è come se mancassi di rispetto a tutti coloro che vanno, nel Mondo, fieri di quei colori. Per questo motivo, quando qualcuno riconosce quel valore, il rispetto, e lo difende a costo di rimetterci, il mio cuore si apre.

Oggi voglio raccontarvi, insieme al protagonista diretto, di quella volta che un romagnolo che aveva giocato nell’Ancona, regalandole addirittura una promozione con un suo gol, entrò definitivamente nel mio cuore, stampandovi il suo nome, come uno di quelli a cui volere un maledetto bene dell’anima anche se non ci hai mai preso una birra assieme o ricevuto materialmente qualcosa. Quel qualcuno si chiama Davide ed un giorno di gennaio, appunto, stampò il suo nome nel mio cuore e credo in quello di altri di noi, di voi.

Faceva un fottutissimo freddo, sui gradoni del Del Duca. Eravamo ancora tanti, uno di fianco all’altro. Con le sciarpe pronte ad ondeggiare o ad essere distese come un elastico tra le due braccia verso il cielo. Un fottutissimo freddo. E quello, Stefan Schwoch, segnando uno dei quattro gol del Vicenza sotto la Sud, esultò prendendoci in giro. Sotto la Sud. Ahahahahaha. “Tu non puoi mancare di rispetto a QUELLA CURVA”, Davide fa Tentoni di cognome e gli disse proprio così, a Scwhoch, andandogli a brutto muso e se non erro tirandogli i lunghi capelli. “Tu non puoi mancare di rispetto a QUELLA CURVA”. Perché quella curva è la nostra curva. Quella gente è la nostra gente.

“Venni ammonito, – mi dice oggi, risentendolo dopo qualche anno – gli dissi cose anche abbastanza irripetibili, ma soprattutto che a quella curva, la nostra curva, non puoi mancare di rispetto. Perché io mi sentivo uno di voi e il rispetto, la correttezza, certi comportamenti, sono al primo posto nella mia scala dei valori”. Non so a voi, ma per me Davide Tentoni, il Diabolico Davide Tentoni, sta in un posto caldo del cuore tanto, tanto, tanto di più da quel giorno. Perchè sui gradoni di quella curva, con tutte quelle sciarpe, alcune scolorite, altre meno, coi fili più o meno tirati e col bianco, il nero, il giallo e il rosso, eravamo in tanti. E Davide, uno di noi, si è battuto per il nostro rispetto. Davide, Davide, Davide Tentoni, noi c’abbiamo Davide Tentoni…

p.s. Davide Tentoni oggi ha 43 anni, vive nella zona di Treviso, dove ha aperto uno studio fitness ed è un personal trainer. Si occupa ancora di calcio, avendo ottenuto l’abilitazione per allenare, definendosi “un precario del pallone in attesa della chiamata giusta”. Nel frattempo collabora esternamente con alcune piccole realtà calcistiche del trevigiano per la gestione dei loro settori giovanili e si diletta nel cucinare piatti succulenti che condivide con i suoi amici di Facebook (date un’occhiata e non rimarrete delusi!).

3 Commenti

  1. Vinicio 30 dicembre 2013 at 20:48

    Bellissima, sei stato veramente bravo, oggi piu’ di ieri abbiamo bisogno di questi personaggi veri onesti,noi ci innamoriamo prima dell’uomo poi del calciatore, la maglia del picchio e’ una maglia speciale chi la indossa anche per una volta sola lascia un qualcosa di particolare che rimarra’ per sempre nel cuore per tutta la vita. UN TIFOSO DEL PICCHIO PER SEMPRE.

  2. S.B. 31 dicembre 2013 at 08:29

    Io non sò se riusciremo a tornare a quei livelli……..QUANDO IL DIABOLICO ERA UNO STILE DI VITA.
    So soltanto una cosa peró……
    Sotto la cenere dei tifosi ascolani c’é tanta ma tanta MA TANTA……BRACE.

  3. aroldo 1 gennaio 2014 at 15:11

    Gran bell’articolo Daniè! DA URLO!

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