Il futuro ci appartiene! La ‘mmasciata è lunga…

L’eliminazione dai playoff oggi brucia. Ma da domani deve ripartire un Ascoli ambizioso e pronto a tornare grande. Doppio salto perché no?

0 633
Foto ascolinews.it

Foto ascolinews.it

Ero in mezzo ad altri, in quella stanza. Eppure mi sembrava di essere in tre. Io, il mio amico Valerio e lui. Il presidente Bellini. Da poco avevamo vissuto assieme la più atroce delle sconfitte di questa stagione. Non ero ancora capace di razionalizzare che sì, era tutto finito. Tutto, inesorabilmente finito.

Valerio è stato praticamente l’unico a spezzare l’incantesimo. A parlare. A domandare. A provare a sapere dal presidente cosa ne pensasse. E le frasi che sono uscite dalla sua bocca le avete lette tutti sui giornali ieri. Né una virgola in più, né una virgola in meno. E vi siete tutti fatti un’idea di quello che è stato e che sarà. Mi chiedevo di chiedere, ma non riuscivo a proferire una e solo una parola. Un metro, un metro e mezzo più in là c’era il direttore Lovato, della sua presenza mi sono accorto quando ha ragguagliato il presidente del fatto che sì, loro erano a favore, noi contrari all’attuale padrone del pallone di terza serie. Non è di questo che voglio parlarvi.

Quando, incredulo, il piccolo Francesco, figlioletto del mio “fratello” di tante avventure Marco D’Emidio mi ha guardato e mi ha sussurrato “adesso perdiamo”, lo avevamo capito tutti. Che avremmo perso. Quel pallone che ha danzato tarantolato dentro la nostra area prima che Spanò lo scagliasse dentro, era la prova, inconfutabile, che il “Progetto” (quello con la “P” maiuscola) aveva preso una strada diversa. Magari più ripida. Magari più faticosa. Ma una strada. Diversa. In quegli attimi, quando “Mengò” ha colpito piano un pallone che di solito calcia fuori dallo stadio, se vuole. Quando Pelagatti è inciampato con le gambe pietrificate dalla fatica. Quando appunto Spanò, la reincarnazione reggiana di Mirko Ventura, ha praticamente stracciato una sceneggiatura per costringerci a scriverne un’altra, Francesco mi guardava. E mi diceva “adesso perdiamo”. Era vero. Tutto vero.

Due parole, una sentenza. “Adesso” e “perdiamo”, nel senso che oggi, avremmo perso. Ed è accaduto. Chi mi conosce sa che mai e poi mai punterò il dito contro un arbitro, un assistente. Per me è sempre stata roba da perdenti. Non si senta toccato – da questa mia opinione – il presidente, un vero signore nell’esporre senza una virgola fuori posto, lo stato d’animo di un tifoso ferito. Sbagliano, buona o cattiva fede. Ma sbagliano. Come ha sbagliato (o forse no) Avogadri ad atterrare Ruopolo, facendosi cacciare dopo 8 minuti. Come ha sbagliato (o forse no) Petrone nel togliere sia Pirrone che Grassi quando c’era ancora una minima possibilità di dover giocare i supplementari. Come hanno sbagliato i nostri due difensori più affidabili del campionato, Mengoni e Pelagatti, a non buttare nel Tronto quel pallone.

Oggi sto molto, molto, molto più male di domenica sera. Perché ho elaborato che “adesso perdiamo” è diventato un “è tutto finito”. O forse no. Perché poi in mezzo ad altre frasi che potrebbero essere strumentalizzate e che per rispetto di una persona che mi ha fatto rinascere nuovamente 33 anni dopo che ci aveva pensato mia madre Nicoletta, ho lasciato scorrere senza chiedere, ribadire, lasciando al mio amico Valerio il botta e risposta col presidente, in mezzo a tutto questo, ho pensato che le sceneggiature se uno vuole non si stracciano e basta.

Parliamoci chiaramente: abbiamo un potenziale societario, una serietà nella proprietà e nei suoi uomini, che metà basterebbero. Le sceneggiature, se qualcuno ce le straccia, le possiamo riscrivere. Abbiamo conosciuto il valore dei giocatori (alto e basso, di alcuni), il valore morale degli uomini (basso veramente di pochi, forse nessuno) e sentiamo forte il dolore di una ferita che, come tutte le altre, guarirà. Lanciamoci una sfida, mantenendo sempre la cultura del lavoro, la fame di vittorie, la mentalità da provinciale che deve contraddistinguerci sempre, ogni giorno.

Ad agosto inizia un nuovo campionato, un campionato che dura due anni. Facciamo le cose per bene, non avremo perso tempo nel coccolare questa squadra, questo allenatore (ammesso che lui voglia…), questa società, questi tifosi. Due anni, il doppio salto. Questo deve essere il nostro obiettivo. Perché IL FUTURO CI APPARTIENE. E perché per quanto crudele, quella di domenica, è stata una meravigliosa giornata di calcio, quello vero, quello che ti emoziona, ti strappa il cuore dal petto e ti fa vivere in prima linea sussulti che certi schemi mediatici sembravano aver annientato.

No, anche se crudelissimo, il nostro calcio è sempre meraviglioso. Due anni. Il “Doppio Salto”. Pensiamoci. Come sostengo da tempo… LA ‘MMASCIATA E’ LUNGA!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono segnati *